E volemose bene! Piccoli passi per andare lontano… Comicom intervista Francesca Pardi

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Qualche settimana fa Forza Nuova se l’è presa con Piccolo Uovo, disegni di Altan e testi di Francesca Pardi, evocando su Twitter roghi del libro in piazza. Matteo Salvini della Lega Nord ha chiesto un’interrogazione al sindaco di Milano Giuliano Pisapia con la richiesta di ritirare dalle biblioteche comunali Piccola storia di una famiglia – Perché hai due mamme?

È seguita una levata di scudi da parte dell’opinione pubblica e della maggioranza della stampa, a difendere la mission della piccola casa editrice dei libri sopracitati: Lo stampatello.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Francesca Pardi, che ci ha raccontato una storia con una sua epica…

La casa editrice Lo stampatello concentra la sua attenzione sui libri illustrati per bambini che parlano di famiglie in cui i genitori sono due mamme o due papà. Si parla di omogenitorialità e di omoaffettività. A che bisogno risponde questa scelta?

La casa editrice nasce proprio dall’esigenza di riempire un vuoto: in Italia non c’erano libri di questo genere per bambini.  Ho una compagna, e abbiamo quattro figli: l’idea nasce proprio dal nostro desiderio di trovare dei libri che in Italia non ci sono. Da qui è partita una cosa che si sta allargando, è venuto fuori un modo di raccontare la realtà ai bambini: che guarda alla diversità come a una ricchezza piuttosto che come a un limite.
Questo però è stato il passaggio successivo: il primo passo è stato quello di desiderare dei libri che non c’erano. Avevo confezionato un libro per mia figlia, che ha quasi dieci anni, in cui la aiutavo a raccontare ai compagni di classe l’origine della sua famiglia.
Poi molti altri me l’hanno chiesto e io provato a mandarlo in giro per case editrici. Inizialmente una grossa casa editrice mi ha fatto un contratto, che poi ha mandato a monte dicendo che la tematica era troppo delicata. C’era una resistenza da parte delle case editrici italiane a raccogliere questa tematica. Solo che, avendo avuto inizialmente una risposta positiva, mi sono rassicurata sul valore del prodotto.
Quindi io e la mia compagna abbiamo deciso di pubblicarlo lo stesso e di aprire una casa editrice, e così è nata la cosa.

Noi facciamo parte di un’associazione di genitori omosessuali, Famiglie Arcobaleno, che oltretutto ci ha aiutato in questa impresa, compra i libri, li rivende ai soci e ci garantisce un piccolo mercato. Altrimenti non saremmo mai riuscite a partire, non avevamo un distributore, inizialmente. Dato che facciamo parte di questa associazione che abbiamo fondato nel 2005, eravamo in contatto con molte altre famiglie come la nostra che avevano questa esigenza.

Quando poi Altan ci ha illustrato un libro (Piccolo Uovo, n.d.r.) abbiamo trovato un distributore e siamo arrivati nelle librerie.
All’estero sono ad uno stadio diverso rispetto alla socializzazione di questo tipo di famiglie. E trovavamo molto libri non tradotti in Italia. L’ultimo libro che abbiamo pubblicato infatti è un libro tradotto (Il Grande Grosso Libro delle Famiglie n.d.r.), di cui abbiamo comprato i diritti, della celebre scrittrice per bambini Mary Hoffman, illustrato da una famosissima vignettista che ha illustrato il Guardian per vent’anni, che è Ros Asquith. Questo è un libro che è stato tradotto in quindici lingue in tutto il mondo, ma nessuna casa editrice l’aveva tradotto in italiano.

Quindi il progetto è nato anche dalla necessità di comunicare la realtà ai compagni di scuola di vostra figlia?
Vi è un momento, con l’ingresso nella società, la materna, le elementari, in cui loro non si ritrovano rappresentati da nessuna parte. La rappresentazione unica che trovi in italia è un modello molto rigido, ma questo è un limite non solo per loro, che vivono in una famiglia che ha una struttura diciamo fuori dal comune, dall’ordinario. Secondo me è un limite anche per i figli delle famiglie cosiddette “normali”: gli si propone un modello molto rigido e questo fa sì che loro, se non riescono a rientrare in questo modello, alla fine hanno meno possibilità di essere felici.
Quando tu proponi un modello molto rigido è facile che uno non riesca a rientrarci, e, siccome non puoi costringerlo a essere diverso da quello che è,  semplicemente gli levi gli strumenti per potersi ritrovare e realizzare la propria felicità. Piccolo uovo parla di famiglie omogenitoriali ma anche di famiglie adottive, di famiglie con un genitore solo, con un messaggio che è un arricchimento anche per molti genitori eterosessuali: proporre ai figli un mondo più vario e più inclusivo, e un modello più realistico.


Ti aspettavi le reazioni che hanno suscitato le pubblicazioni e che piega stanno prendendo le cose? Ci sono state reazioni che non ti aspettavi?

La reazione di tutta la stampa, di tutto quello che è successo, è dovuta principalmente al fatto che abbiamo avuto la fortuna che una matita importante come Altan ha deciso di illustrare il mio racconto e di mettersi dalla nostra parte. L’effetto è stato quello di riuscire a raggiungere persone che non avremmo mai raggiunto, abbiamo avuto tantissima pubblicità. Ho ricevuto centinaia di messaggi tutti positivi. A parte le dichiarazioni di Forza Nuova, che sono sempre posizioni molto ideologiche e molto astratte, dalla gente, da tutto il web, dalle persone che leggono i libri, il riscontro è stato molto positivo. Questo non toglie che facciano impressione certe posizioni appunto un po’ fasciste, censorie. Per adesso è andata bene perché chiunque può trovare il nostro libro e se n’è parlato tanto. Certo è inquietante che qualcuno pensi di poter decidere che cosa la gente possa leggere o meno.

Che posizione hanno preso le istituzioni?

La posizione delle istituzioni è molto varia: Forza Nuova non è sicuramente un’istituzione però chi ha proposto una mozione per ritirare il libro dalla distribuzione era un partito istituzionale (la Lega Nord, n.d.r.).
A Milano invece Majorino ne ha parlato bene, è stato appoggiato: dipende dall’impostazione delle varie frange delle istituzioni. Quello che sta succedendo in realtà è che a livello più basso, cioè nelle scuole, nei Comuni, in quegli enti pubblici che hanno una certa autonomia di movimento, Piccolo Uovo sta facendo la sua strada. Viene riconosciuto essere uno strumento utile da molti pedagogisti, da molti dirigenti scolastici, sta avendo un suo percorso all’interno delle istituzioni.  Dal basso, non dall’alto. Arriva portato da noi, dai genitori, dagli insegnanti che lo trovano. Dove non incontra degli ostacoli, dove non viene bloccato, fa la sua strada perché rappresenta uno strumento nuovo, utile e a cui non ci sono molte alternative.
Verrà anche rappresentato in teatro, verranno fatti dei laboratori per bambini. È una storia che ha detto qualcosa che in qualche maniera c’era bisogno di dire, non soltanto rispetto alle famiglie omogenitoriali, ma in senso più vasto. Non esiste soltanto un modello rigido, la realtà è fatta di tante sfaccettature di cui tu devi parlare ai bambini, se no loro non si ritrovano  più. Gli viene proposto un modello che poi non ha riscontro nella realtà ed è come se tu gli dicessi che la realtà è sempre al di sotto delle aspettative: imponi un modello e poi è tutto una brutta copia di come dovrebbe essere, cosa che secondo me è molto triste. Ti fa vivere con un grande senso di inadeguatezza e di depressione. Perché poi invece non è così, alla fine bisogna guardare se le persone stanno bene, se i bambini sono amati, se le realtà sono felici, non se corrispondono o meno a un modello astratto.

A chi si rivolgono i libri e che diffusione hanno?

Tengo a precisare che i libri si rivolgono ai bambini. Ovviamente parlano anche agli adulti perché un libro va in mano a un bambino sempre passando da un adulto, però noi abbiamo parlato volutamente con un linguaggio “da bambini” perché parla a loro. Ci rivolgiamo ai bambini perché sono i bambini che hanno bisogno di certi strumenti. La colpa più grossa di personaggi che fanno discorsi omofobi è che non si rendono conto di quanto dolore potenziale e malessere seminano. Se un bambino lo fai sentire inadeguato, sbagliato, un errore perché così descrivi i suoi genitori, lo fai stare malissimo senza nessun bisogno. Quindi noi avevamo in mente proprio i bambini come primi destinatari.

In che modo le illustrazioni supportano e facilitano il passaggio del vostro messaggio di libertà, di affettività e di uguaglianza?

L’uso dell’illustrazione fa parte della nascita della casa editrice. Quando ho chiamato Altan, pensando che fosse un sogno che avevo poche speranze di realizzare, è stato proprio perché Altan è il tratto, l’immagine, il mondo della Pimpa e il mondo dell’infanzia più universalmente conosciuto dai bambini italiani. Era anche il fatto di ridare anche ai nostri figli l’accesso a questo mondo, in qualche maniera.  Non che non l’avessero prima, ma far parlare questo mondo proprio a loro e di loro. Credo che Altan abbia fatto un regalo enorme soprattutto ai bambini, da questo punto di vista. Vedere rappresentate certe realtà con le sue immagini, con il suo tratto, era già forte.
Nel caso di Qual’è il segreto di papà? abbiamo chiesto di illustrarlo a Desideria Guicciardini che è una bravissima illustratrice. È un libro per bambini un po’ più grandi. Le ho mandato il racconto, e quando è tornato, illustrato, mi è sembrato proprio che avesse materializzato le mie parole, che le avesse rese visibili su carta. Attraverso le imagini ha descritto quello che io volevo dire: nella storia ci sono due bambini con i genitori che si separano, la madre ha poi un altro compagno e il padre ha questo mistero… i figli si chiedono qual’è il mistero del padre, che fa strane telefonate, e si illustra l’angoscia di questi bambini che si chiedono, avrà una malattia grave, sarà un ladro, e poi invece scoprono che il papà ha un fidanzato. E c’è il sollievo di dire, è solo amore, è una cosa bella, e Desideria attraverso le illustrazioni è riuscita a riportare tutto questo: alla fine la loro scoperta è su un fatto che non ha nulla di minaccioso, perché tutto il problema dell’omosessualità è legato allo stigma sociale, quindi il problema non è l’omosessualità, è l’omofobia, e questo secondo me emerge molto bene dalle immagini.

Quindi anche con un forte coinvolgimento degli autori?

Il coinvolgimento di Altan è stato forte nel senso che lui, consapevolmente, ha deciso di fare questa cosa per noi, che non eravamo nessuno, quindi in qualche maniera doveva essere un po’ dalla nostra parte. A Desideria Guicciardini abbiamo mandato il racconto chiedendole se lo voleva illustrare. È un po’ il nostro modo di fare, non è un’operazione commerciale. Abbiamo anche molta inesperienza quindi cerchiamo di creare dei rapporti personali e umani: finora chi ha lavorato con noi in qualche maniera ha condiviso il messaggio, l’intento.

Piccoli passi per andare lontano: come commenti queste parole di Piccolo uovo?


I piccoli passi erano un po’ sia i piccoli passi nostri, perché comunque siamo una casa editrice nuova, ma anche e soprattutto sono i piccoli passi dei bambini che secondo me portano lo stesso molto più lontano di quanto non portino i passi degli adulti. Sono in grado di vivere la realtà e di capirla fino in fondo perché sono ancora privi di sovrastrutture. Inoltre la casa editrice è nata per riuscire ad andare lontano, per portare delle idee lontano anche fisicamente, nelle librerie sparse per l’Italia. Da questo punto di vista i giornali italiani ci hanno dato una mano, mi hanno scritto persino tantissimi italiani che vivono all’estero con parole di apprezzamento: fuori dall’Italia è ancora più lampante l’assurdità di certe barriere.

 

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