Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Marco Pierini, direttore della Galleria Civica di Modena, che ha rinnovato l’identità degli spazi espositivi, aprendoli agli eventi, ad una forte innovazione e all’incontro vivo tra pubblico e arte contemporanea (e anche di persone con altre persone, in quanto luogo di condivisione e conoscenza).
E dell’incontro e degli scambi tra arte e fumetto abbiamo parlato, con grande piacere.
1. «Il mondo dei musei e quello del fumetto sembrano a priori ermetici l’uno all’altro, eppure entrambi si occupano di creatività ed estetica, al fine di portare ciascuno con i mezzi che gli sono propri il lettore e il visitatore sui cammini del visibile o dell’invisibile, del sapere e del sensibile»: sono parole di un editore francese (Futuropolis, specializzato in sinergie museali e sincretismi di linguaggi artistici). Come possono dialogare secondo lei queste due dimensioni?
Io non credo a questa impermeabilità, anche perché i contatti fra i due mondi – per riprendere l’espressione dell’editore – datano ormai a più di mezzo secolo e sono stati consacrati da alcuni movimenti come la Pop Art.
È evidente come le arti visive abbiano costantemente guardato al fumetto non soltanto come straordinario repertorio iconografico e come inesauribile serbatoio di fantasia e immaginazione ma vi sia stata, talvolta, addirittura la capacità di mutuare certi accenti del linguaggio del fumetto e di assumerli come propri.
E mi riferisco tanto al fumetto d’autore quanto al più seriale fumetto di facile consumo (che, anzi, spesso ha offerto gli spunti più numerosi e più interessanti agli artisti visivi).
Dall’altra parte il fumetto ha tratto costante ispirazione – e a volte ha desunto i suoi modelli – proprio dalle arti visive, in un rapporto assolutamente biunivoco.
2. Alla Biennale di Venezia campeggia un’illustrazione di Robert Crumb, a Palazzo Te viene proiettata la performance Voodoo di Massimo Giacon (qui su Fumettologicamente un approfondimento): segni che il fumetto si è definitivamente nobilitato a nona arte anche in Italia?
È possibile anche se ancora ci sono ampie sacche di resistenza, talvolta assurde e ingiustificate, in altri casi non prive di qualche fondamento.
Io, ad esempio, credo che i musei e i centri d’arte contemporanea possano – anzi, debbano – dar conto degli intrecci, delle intersezioni, dei rapporti che le arti visive hanno intrattenuto e intrattengono con altre discipline artistiche: fumetto, musica (tanto pop, quanto colta), danza, cinema, ma non ritengo opportuno dedicare esposizioni solo a queste ultime discipline.
Un museo o un centro d’arte contemporanea se indaga le connessioni – scelgo un esempio fra i tanti – tra il fumetto e la pittura compie un’operazione doverosa, legittima e utile.
Se ospita una mostra di Pratt (o di Crumb o di qualunque altro grande autore di fumetti) no; per questo tipo di mostre spazi ‘neutri’ sono molto più adatti che non i musei d’arte contemporanea.
3. Il Museo del Cinema di Torino ha realizzato un fumetto sulla collezione, così come il Louvre con un ampio progetto pluriennale (ne abbiamo parlato qui): si sente la necessità di raccontare le esposizioni attraverso dei personaggi, una storia, escamotage narrativi che coinvolgano il pubblico attraverso un segno che resta, una testimonianza disegnata della loro esperienza e che al contempo li trasporti in un universo in parte immaginario.
Secondo lei l’arte contemporanea si presta allo stesso modo ad essere condivisa attraverso questo linguaggio?
Certamente. Figure, personaggi, movimenti, storie si prestano benissimo ad essere raccontati attraverso il fumetto. Anzi, mi sembra che l’agilità, l’immediatezza, l’universalità del linguaggio del fumetto rendano il suo utilizzo assolutamente raccomandabile.
Del resto il fumetto si sa adattare a qualunque narrazione: dal dramma storico all’epica, dalle miserie della vita quotidiana al mondo dell’infanzia, dalla fantascienza alle antiche mitologie. Mi piace ricordare qui il felicissimo esperimento avviato dal Teatro Comunale di Modena con la serie “Lirica a strisce”, ottima dimostrazione di come il fumetto – addirittura impiegando l’italiano dei libretti del melodramma – possa essere un viatico eccellente per accostarsi alla lirica o per rileggere le principali storie del suo repertorio in una forma e in un contesto totalmente differenti.
4. Lei ha tenuto una serie di “chiacchierate” (qui il link a quelle che si terranno in autunno) sull’arte contemporanea in Galleria Civica, raccontando in modo informale e coinvolgente visioni artistiche e sorprendenti collegamenti tra le epoche.
In quali modi il racconto, l’aneddoto, lo storytelling possono essere strumenti migliori di altri per stabilire un contatto con il pubblico e rimanere nella memoria?
Non pretendendo di fare critica (almeno in maniera esplicita) ma, appunto, soffermandosi sui racconti, sulle storie, sui personaggi. Le Vite di Giorgio Vasari sono ancora oggi, da questo punto di vista, un modello di inesauribile ricchezza.
5. Topolino armato di Kostas Seremetis per l’attuale esposizione Kindergarten; la selezione dalla Raccolta del disegno italiano: la Galleria Civica gioca con l’immaginario popolare (anche del fumetto) unendo un percorso più filologico di valorizzazione dell’esistente? Come si connettono con coerenza le due dimensioni dell’immaginario, una più camp e l’altra legata a risorse artistiche sedimentate?
La missione di un museo d’arte contemporanea che abbia una raccolta è proprio questa, rendere vivo il patrimonio attraverso un lavoro continuo di studio, esposizione, catalogazione, acquisizione, conservazione e rendere conto attraverso le mostre delle ricerche più aggiornate.
Ciò che oggi si mostra come novità, infatti, andrà a incrementare il patrimonio delle collezioni.
La cronaca artistica, se è buona, è destinata a farsi storia. Se invece non reggerà alla prova del tempo verrà rapidamente dimenticata, come avviene per tutti gli accadimenti che vivono solo col fiato corto dell’oggi.