The Treasure of Frontend Island: all’arrembaggio!

, ,

Mancano pochi giorni alla conferenza internazionale organizzata da From the Front, il 20 e il 21 settembre al Teatro Duse di Bologna. Arriveranno sviluppatori e guru del Frontend da tutta Europa, una scena davvero inconsueta tra i velluti dello storico teatro bolognese.

E dato che questi ragazzi non si fanno mancare la creatività, hanno deciso di coinvolgere nella propria comunicazione web l’illustratore e fotografo Lorenzo Grandi, per un omaggio dichiaratissimo a Monkey Island. Gli speakers hanno assunto connotazioni piratesche, trasformati in characters caricaturali tra verdi pappagalli, bandane sdrucite e allegri ghigni da Tortuga.

“L’illustrazione in un contesto del genere calza a pennello,” ci racconta Lorenzo, “bisogna considerare che la stragrande maggioranza degli informatici ha un background giocoso e legato ai fumetti. Non vedono queste cose come una mancanza di serietà, ma come l’appartenenza ad un gruppo. Non hanno bisogno di essere ammaliati da contesti grafici forzatamente “business” per valutare l’alto livello di un’iniziativa come quella di Frontend Island. Per quello che riguarda l’ironia, ho dovuto per forza calcare la mano sulle caratteristiche somatiche dei relatori. Alcuni l’hanno presa con una risata, altri sono stati un po’ più ostici, ma alla fine sono stati tutti soddisfatti.”

Lorenzo è anche fotografo, e ci ha incuriosito chiedere a un autore che utilizza entrambi i linguaggi le prerogative dell’uno e dell’altro, nel concreto: “la differenza tra il linguaggio fotografico che utilizzo negli ultimi anni e l’illustrazione è sostanziale. L’unico punto d’incontro è lo studio delle luci.

Con l’illustrazione vivi in un mondo artificiale creato dalla tua mente: è un lavoro molto solitario ed introverso, più facile da fare in gioventù, quando pensi di avere l’eternità davanti e non hai il senso del tempo. Con la foto l’apertura è verso il ‘fuori’, le persone. Amo fotografare la gente, conoscerla e farci due risate davanti ad un bicchiere di vino.

A dire la verità il mio sogno da bambino è sempre stato quello di vivere lavorando nei fumetti, nell’illustrazione. Poi è arrivato il computer, il marketing televisivo, ecc. È un sogno che in parte si è realizzato con due mie linee per la scuola lanciate nel 1997 dalla Auguri Mondadori: la Pappaconda e il Cirrus. E c’è da aggiungere che in Italia è tutto più difficile. Ad esempio solo negli ultimi 5 anni abbiamo un factory per cartoni animati di un certo livello, quella di Iginio Straffi. Prima il nulla o quasi. Comunque la verità è che sono sempre stato molto severo con me stesso ed ho sempre saputo che non avrei mai raggiunto i livelli tecnici che pretendevo. Sono sempre stato soprattutto un creatore di characters, ma nell’illustrazione pura ero molto meno “potente”. Ho avuto l’onore di lavorare qualche anno con Rick Rietveld, un illustratore californiano, o per meglio dire il miglior illustratore specializzato nella surf art, e lì ho definitivamente capito che facevo pena. Rick passava dal pennello alla tavoletta grafica come bere un caffè ed aveva una visione del colore stupefacente. Ho provato ad emularlo, ma non ci sono riuscito. Chi fa cose del genere non le studia troppo, le fa e basta. Io dovevo studiare come un matto per raggiungere la metà dei suoi risultati.

Ho sempre avuto il pallino dello stato dell’arte, ma così mi sono sempre censurato nei risultati. Avevo la mania dell’iperrealismo, mentre invece avrei dovuto essere molto più naif. Comunque da piccolo seguivo (anche fisicamente) Magnus. Ero innamorato del suo tratto. Poi Bonvi e Silver per l’ironia, Frazzetta per i colori.

Da piccolissimo divoravo Asterix. Poi, da grande, quando lavoravo in Simulmondo ho “dovuto” leggere tutte intere le collezioni di Tex, Diabolik, Dylan Dog, l’Uomo Ragno. Non era male come lavoro… Adesso adoro alcune cose del 3D: Ratatouille, Gli Incredibili, Up, Ribelle. Mi sono commosso per il lavoro che hanno fatto in Avatar: la prima volta che l’ho visto ho subito una sorta di sindrome di Stendhal. Ultimamente mi è piaciuto il lavoro che hanno fatto quelli della Dreamworks con Dragon Trainer. Hanno raggiunto livelli molto alti di qualità sotto tutti i punti di vista.

Quello che ricordo con più affetto come illustratore, era il momento in cui mi arrivavano le lettere dei bambini che avevano comprato il diario della Pappaconda… Saranno ormai degli ometti. All’epoca ne vendevano circa 15.000 a stagione. Insomma, qualche fan ce l’avevo anch’io.

Per le foto, anche se non mi sta simpatica, lavoro ispirandomi ad Annie Leibovitz e soprattutto al suo ‘ritoccatore’ Pascal Dangin. Sono da anni appassionato di Leni Riefenstahl, il vero genio asooluto. Noi tutti copiamo, lei creava.”

E ora? “Sono lento, lentissimo. Devo ancora riprendermi da il libro Il rusco e il tiro che ho fatto nel 2010. Ora sto lavorando su due libri fotografici commerciali da fare alla svelta. Il mio sogno è viaggiare sei mesi per l’Italia e creare un libro fotografico di reportage che sia ‘definitivo’ su quello che è rimasto della vecchia italianità, dei mestieri, dei volti, le storie.”

 

 

Lascia un commento

(*) Required, Your email will not be published