Il 27 gennaio 1945 vengono abbattuti i cancelli di Auschwitz dalle truppe dell’Armata Rossa. Questa data è la Giornata della Memoria, dal 2000 in Italia, dal 2005 per l’ONU. L’orrore della Shoah ha sempre contenuto in sé un dato di non rappresentabilità, superando il confine del concepibile, dell’umano. La memoria collettiva, principalemente con l’istituzione di una giornata internazionale e attraverso l’insegnamento scolastico, è costantemente tesa a non dimenticare, a rilanciare la consapevolezza di quanto accaduto in un tempo che si fa inesorabilmente più lontano. E dunque a rappresentare e ri-rappresentare, con strumenti che diventano sempre meno diretti, venendo a mancare progressivamente la generazione di chi può raccontare con la propria voce viva.
Documentari, interviste, fotografie e documenti storici sono quanto rimarrà di relativamente mediato, ma più l’orrore sprofonda nel dato storico più affiorano opere che rielaborano e anche traspongono in fiction qualcosa a cui si riesce a guardare con il distacco di chi non ha avuto esperienza di quegli anni traumatici. Con tutti i pro e i contro di tale scollamento.
È molto interessante a questo proposito dare uno sguardo alle dinamiche che coinvolgono il mondo del fumetto e dell’illustrazione. Come questi linguaggi entrano nel discorso, nella memoria e nell’immaginario, su un tema così delicato? Il disegno non ha quell’impronta di registrazione della realtà che rende traumatica l’esperienza della visione di un documentario fondamentale come Notte e nebbia (1955) di Alain Resnais. Anche una testimonianza a fumetti può tuttavia essere fondamentale, come Maus di Art Spiegelman, che viene utilzzato come libro di testo in scuole e università di tutto il mondo, prima e unica graphic novel a vincere il Premio Pulitzer. Alcune tavole dell’opera sono in mostra a Vedano al Lambro fino al 6 febbraio.
Ma come viene comunicata, oggi, la Giornata della Memoria attraverso il fumetto e l’illustrazione? La cosa non è così semplice: lo stesso Michael Chabon, autore di Le fantastiche avventure di Kavalier & Clay, libro che ha molto da dire sul fumetto e sulla fictionalizzazione della Storia, afferma: “Penso che più che altro ho lottato con la mia stessa scrittura, quanto ho diritto di citare o non citare, “usare” il termine ‘Olocausto’ per fini di fantasia? Posso scrivere della Shoah, non avendo alcuna esperienza personale e diretta? Fino a che punto ho diritto di raffigurarla o di rappresentarla nel mio lavoro?”.
La produzione di fumetti e libri di illustrazioni è molto estesa, pur nella difficoltà di rappresentare l’opacità dell’orrore. Una panoramica dedicata è stata realizzata in una mostra dell’anno scorso a Rimini, Lacrime, lupi e tragici topi (anche quest’anno a Novafeltria fino al 31 gennaio). Tra altri titoli, ricordiamo anche Sono figlia dell’Olocausto, di Bernice Eisenstein, Yossel di Joe Kubert, L’albero di Anne di Maurizio Quarello, in mostra fino al 31 gennaio al Museo Ebraico di Venezia e La porta di Sion di Walter Chendi.
Se durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni immediatamente succesivi i Supereoi scesero in campo contro nazisti e giapponesi ancor prima dell’ufficiale dichiarazione di guerra da parte degli Stati Uniti, mai vennero rappresentati i campi di concentramento, neanche come scena di liberazione. A questo proposito è molto interessante questa parte del bel documentario Storia dei Supereroi (History Channel).
A tutt’ora la rappresentazione disegnata della Shoah e il suo utilizzo anche a fini didattici è spesso contestata. Valga su tutti il progetto pilota Die Suche promosso dall’Anne Frank Zentrum di Berlino, che ha costruito un percorso didattico di grande qualità in scuole tedesche, olandesi, ungheresi e polacche, utilizzando il linguaggio del fumetto: La stella di Esther, graphic novel di Eric Heuvel, è stata pensata appositamente per parlare agli adolescenti e pre-adolescenti.
Nelle parole di Odelia Liberanome, coordinatore del Centro pedagogico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: “Un’ultima considerazione sullo stile del fumetto di Eric Heuvel, che con molta chiarezza e precisione indica tutti i particolari necessari alla comprensione della storia di Esther nella sua complessità, senza però scendere nella brutalità dell’immagine quando si tratta di descrivere alcune delle pagine più buie della storia dell’uomo. Anche in questo caso si tratta di una scelta didattica precisa: l’impatto con una immagine impossibile da comprendere per la sua brutalità, otterrebbe come risultato quello di staccarne gli occhi, di rimuoverla e di non intraprendere piuttosto quel percorso di conoscenza della storia della Shoah che è poi la conoscenza dei valori umani universali.”
Questo progetto è stato accusato di banalizzare la sofferenza e il trauma dell’Olocausto, quando in realtà si pone come strumento aggiuntivo e cerca un contatto specifico con l’argomento e con i giovani lettori, anche attraverso la realizzazione di interviste a studenti e professori per valutarne continuamente impatto e rielaborazione.
Rimandiamo a questo articolo su Lo Spazio Bianco per un utile approfondimento sui confini della rappresentazione.
24 gennaio 2011 17:29
Complimenti per l’articolo. Molto interessante per chi vuole leggere testi importanti su un argomento così “difficile”. Ho apprezzato molto MAUS e la Stella di Esther.