Romanzi, no fumetti, no romanzi (e non parliamo di graphic novel)

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L’acquirente distratto di La straordinaria invenzione di Hugo Cabret (di Brian Selznick, 2007, Mondadori) sarà rimasto sorpreso. A un certo punto la pagina scritta scompare e la narrazione prosegue per illustrazioni: grandi tavole mute che ci mostrano sequenze intere del romanzo.

Poi torna la pagina scritta, poi di nuovo l’illustrazione… in un susseguirsi e in una modulazione di linguaggi che rende il libro di Selznick unico e pioneristico nel suo genere.

Non più testo e immagine a corollario l’uno dell’altra, ma una narrazione che usa entrambi i linguaggi in modo alternato ma logico e sequenziale. Da un lato la suggestione immaginativa della parola scritta, dall’altro le splendide matite dell’autore che evocano un mondo mirabolante e fantastico (le potenzialità del quale non sono certo sfuggite a Scorsese che ha ultimato da poco la lavorazione del film tratto da questo romanzo).

Chi si troverà tra le mani il nuovo romanzo di Fabio Geda (L’estate della fine del secolo, 2011, Baldini Castoldi Dalai) si troverà davanti a una sorpresa analoga: nelle ultime pagine, un breve fumetto d’avventura (anzi proprio di supereroi!) disegnato da Andrea Riccadonna.

Il giovane artista torinese, attivo da anni nel campo dell’editoria scolastica e della grafica pubblicitaria, oltre che nel campo del fumetto (con Edizioni BD ha pubblicato tra gli altri David e Shutter Island per le sceneggiature di Stefano Ascari) ha infatti realizzato una breve storia di Shukran, un eroe un po’ particolare.

Andiamo a scoprire chi è, e perché…

 1. Andrea Riccadonna, come nasce questa collaborazione con Fabio Geda?

Consco Fabio da moltissimi anni e lui ha sempre avuto una passione per la scrittura e anche per i fumetti… tanto che la prima volta che mi sono trovato al Festival de la BD di Angouleme a presentare delle tavole, il soggetto e la sceneggiatura del progetto con il quale mi proponevo agli editori era proprio di Fabio. Negli anni successivi non abbiamo più provato nulla insieme, e nel frattempo lui è diventato pure famoso!
L’idea di fare qualcosa insieme però rispuntava fuori, sino a che quest’estate mi ha chiamato offrendomi l’opportunità di questa collaborazione – anche se “collaborazione” non è proprio il temine corretto visto che il libro vive di vita propria e autonoma rispetto al mio contributo.

2. Come entra il fumetto in L’estate alla fine del secolo? Che cosa visualizza il fumetto e in che modo arricchisce il materiale “immaginario” dato dal romanzo?

Il fumetto, in questo caso specifico, è qualcosa in più. A Fabio interessava che ci fosse questo fumetto per cercare di dare una voce aggiuntiva, anche perché descrivere un fumetto a parole non è facilissimo e non voleva che venissero fuori delle pagine “descrittive” sul costume del personaggio o di altri, così ha pensato semplicemente di realizzare il personaggio con il mezzo per cui era stato pensato. Prova a descrivere velocemente Batman in con le parole… potresti pensare che sia un pazzo che gira vestito come un pipistrello per i grattecieli di una città un po’ gotica… Credo che perda parecchio rispetto ad una qualsiasi pagina di fumetto!
Sul piano narrativo quindi il fumetto nasce con l’idea di dare al personaggio principale una dimensione più reale: è un fumettista e Fabio ha pensato che se nel libro ci fosse stato il fumetto del protagonista il personaggio ne avrebbe guadagnato. Questa finzione è portata all’estremo, tanto che nello pseudo ‘retro’ di copertina il nome del disegnatore del fumetto è quello del protagonista del romanzo e non il mio.

3. Se non sbaglio il primo progetto a fumetti di cui parlavi affrontava il tema della desaparicion. Questo contributo al lavoro di Fabio è un apporto “leggero” (e neanche tanto) ma in un contesto tutt’altro che frivolo… credi che il fumetto in questo senso abbia delle potenzialità come medium? Cioè di veicolare contenuti alti e temi forti con una mediazione visiva che rende i temi stessi più accessibili?

Ne sono convinto, ma non necessariamente nel senso dell’accessibilità… non credo onestamente che Maus di Art Spiegelman  sia più accessibile di Schindler’s List (Steven Spielberg, 1993). Il fumetto è un media e quindi con tutte le possibilità di un media. Ha però delle peculiarità che lo rendono più adatto ad alcune cose, e magari ha dei limiti, ma non in termini di argomenti che può affrontare. Forse nei modi: non potrà essere spettacolare come un film ma non per questo non può essere anche più profondo.

4. Le avventure di Shukran… quattro pagine per inventare e presentare un mondo e un media quindi…

Il problema era quello, in quattro pagine, di mettere un po’ tutti gli elementi che caratterizzavano il fumetto: le migrazioni, i CIE, i cattivi ed il personaggio principale. Questa è stata l’idea, più che raccontare una vera e propria storia. Tra l’altro dovevamo anche presentare il personaggio principale (che essendo di totale invenzione non può contare sulla conoscenza pregressa del lettore). Alla fine mi sembra che questi elementi ci siano tutti… e non è poco per quattro tavole!
Dal punto di vista creativo abbiamo comunque abbiamo lavorato in maniera un po’ “disordinata”: non c’è stata una vera e propria sceneggiatura come vorrebbe il metodo classico di produzione del fumetto. Ho fatto un primo storyboard partendo da un’idea di Fabio, poi lo abbiamo corretto fino a quando siamo stati soddisfatti. A quel punto sono passato alla realizzazione delle tavole finali.

5. Il romanzo classico rivoluzionato dall’interno con l’inserimento di parti di narrazione per immagini o veri e propri fumetti: è un mondo da esplorare dalle grandi potenzialità! Ci sono secondo te dei piani narrativi che sono più esprimibili con le immagini che con le parole? Di solito i due linguaggi, negli esempi esistenti, delimitano dimensioni diverse del romanzo: le immagini parlano all’immaginazione (non a caso…) di un personaggio, quindi una messa in abisso della fantasia; o determinano un passaggio in un piano temporale diverso (come in Hugo Cabret).

Se si trova un giusto equilibrio e soprattutto si sfuttano le varie potenzialità della parola scritta e del disegno può venirne fuori qualcosa di molto importante. Credo che sia stata la forza del volume LMVDM di Gipi (che non a caso poi si è cimentato con un altro media come il cinema con L’ultimo terrestre, n.d.r.) dove c’è molta più parola di un fumetto “classico”, e dove parola e disegno si fondono molto bene. In forma differente già Moore con Watchmen aveva provato questa strada e talvolta anche Neil Gaiman, con ottimi risultati.

 

2 Responses

  1. niki

    7 dicembre 2011 18:28

    molto interessante l’argomento, come lo è la questione sull’identità del fumetto, del romanzo, del graphic novel e delle varie opere anomale, alternative o ambigue di comunicazione visiva e per immagini.. ma si dice “il fumetto è un medium” e non media.. media è plurale!

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